Siamo donne ma anche madri e questo rende le cose molto più complicate

Giulia Lobba, Martina Guerrini  
Recentemente, a Venezia, sette donne con figli a seguito hanno occupato la piazzetta davanti al Tribunale di Venezia per denunciare la grave emergenza abitativa che le ha costrette ad occupare le case nelle quali attualmente vivono.

Hanno portato le tende per dormire, due gazebo con tanti striscioni e volantini per ribadire quello che – ci tengono a dire- non è solo un loro problema ma coinvolge tante famiglie e singole donne veneziane. Hanno portato con sé soprattutto tanta determinazione e una protesta pacifica. Noi le abbiamo intervistate sotto il caldo sole e la piazza rovente, gremita di turisti e veneziani/e in giro per il mercato.

Raccontateci la vostra storia: come vi siete conosciute?

Barbara: Siamo un gruppo di sette mamme di cui due donne che non hanno figli. Abbiamo età diverse, che spaziano dai 25 ai 50 anni. Abbiamo occupato nella stessa zona (nello stesso quartiere di Santa Marta) le case nelle quali abitavamo prima dello sfratto, in un secondo momento abbiamo aggregato anche una donna che viveva al Lido. Anche questo incontro con lei nasce nel reciproco scambio di esperienze rispetto al problema della casa. Condividiamo lo stesso problema abitativo, per questo abbiamo creato questo collettivo, dopo esserci incontrate e aver condiviso le esperienze fatte. Abbiamo capito che l’unione fa la forza, e che il mutuo soccorso era la strada che dovevamo percorrere. Tutte noi siamo nate e vissute a Venezia, così come i nostri e le nostre figlie, e tutte noi abbiamo la residenza nelle case che abbiamo occupato.
Abbiamo molto riflettuto prima di intraprendere la strada dell’occupazione, perché sapevamo e sappiamo i rischi a cui andiamo incontro, anche perché dobbiamo rendere conto ai nostri figli che iniziano naturalmente a fare domande. Non è facile, ma non avevamo alternativa.

Perché è importante per voi definirvi “donne e mamme veneziane”?

Barbara: Siamo donne ma anche madri e questo rende le cose molto più complicate. Nessuna di noi ha un compagno o un marito, questo significa che il nostro stipendio – mediamente di 800-900 euro al mese – deve bastare a mantenere noi e i nostri figli. Il nostro tempo di vita scorre tra il lavoro e il tempo da dedicare alla cura dei nostri bambini e bambine, ed è difficilissimo, tanto che spesso ci aiutiamo le une con le altre anche in questo. Per di più cercare una casa in affitto senza un marito o un compagno è quasi impossibile, come se non bastasse la difficoltà legata allo stipendio troppo basso.
Alcune di noi sono occupanti da 6 anni, ma la maggioranza da 4. In questo periodo abbiamo fatto due bandi per l’assegnazione delle case comunali, ma la prima volta abbiamo perso il diritto all’assegnazione perché occupanti, la seconda volta perché il reddito era troppo basso anche per quelle case.

Vi siete rivolte all’assistente sociale?

Barbara: Certo. Ci ha risposto che il sussidio di 200 euro sarebbe stato comunque insufficiente per il mercato degli affitti, considerando che il nostro monoreddito è troppo basso, quindi la nostra colpa è quella di essere “troppo povere”. Per di più non rientriamo nei cosiddetti “casi sociali”, perché non siamo né tossicodipendenti né alcolizzate!

E allora?

Barbara: E allora l’assistente sociale ci ha suggerito di cercarci “un marito ricco”.

Vi siete rivolte al Comune?

Barbara: Si, abbiamo fatto richiesta al Comune di Venezia per un incontro ma ci è stato nei fatti negato. Inoltre era stato proposto dal Comune un tavolo di trattativa che, tuttavia, non è mai partito. Il problema che viviamo non riguarda solo noi sette, anche se noi abbiamo avuto il coraggio di mettere la nostra faccia nelle piazze e nelle manifestazioni che abbiamo organizzato in questi anni. E’ un problema che riguarda Venezia ma molte altre città italiane, per questo siamo sensibili e ci battiamo anche contro gli sfratti condotti spesso verso persone anziane, che sempre più condividono con le giovani situazioni di morosità: affitti troppo alti e stipendi troppo bassi.

Cosa chiedete?

Barbara: Chiediamo dignità. Abbiamo sempre pagato – in base alle nostre possibilità – la luce, l’acqua e il gas nelle case che abitiamo. Vogliamo solo essere regolarizzate perché non è possibile vivere in questo modo, con figli a carico e l’ufficiale giudiziario ogni giorno a casa. Purtroppo nessuna di noi, per motivi diversi, può contare sull’appoggio dei propri genitori. Io tempo fa vivevo in un piccolo appartamento di 30mq con mio figlio, era una specie di magazzino: mi hanno poi dato lo sfratto. Mi è stato risposto allora che avrei dovuto aspettare quattro anni per avere una casa: e nel frattempo io e mio figlio dove saremmo dovuti andare??
Questa nostra protesta serve per far vedere che noi esistiamo, che non siamo fantasmi e che questa non è una protesta per noi sole, ma per tutte quelle famiglie che a Venezia condividono lo stesso problema. Siamo comunque consapevoli che non stiamo facendo nulla di male, e che la nostra lotta è sempre stata pacifica. Quello che vogliamo è una vita decorosa e dignitosa per noi, per i nostri figli e per le persone sotto sfratto, soprattutto per quelle più anziane. Il Comune dovrà assumersi altrimenti la responsabilità di mettere per strada sette mamme con i loro figli. Noi siamo determinate ad andare avanti fino a quando non otterremo quello che vogliamo.

17 giugno 2008

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Dal 2006 a Venezia ci battiamo contro il sessismo, l'omofobia, la lesbofobia, la violenza di genere attraverso ogni mezzo disponibile creando un discorso organico che vada dalle lotte sul territorio per la difesa dei diritti delle donne, alla comprensione di una soggettività più complessa e queer.
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