È morto un ragazzo, riprendiamoci la lotta!

Sottoscriviamo e diffondiamo il comunicato scritto da Cime di Queer in seguito la notizia del suicidio del ragazzo quindicenne a Roma, denigrato dai coetanei e perseguitato su Facebook perché omosessuale. Per ulteriori adesioni di singolarità e gruppi Queer  scrivete all’indirizzo e-mail cimediqueer@gmail.com

È vero: omofobia e transfobia sono una piaga sociale. Ma lo sono in quanto “sintomo” dell’eterosessismo, del razzismo, del fascismo dei corpi e dei desideri che costituiscono i pilastri delle nostre società, dell’ordine culturale e politico prodotto e riprodotto dalle chiese e incarnato dallo stato che ne sorveglia i confini. Viviamo in un sistema capitalistico finalizzato alla produzione di ricchezza economica per pochi e alla criminalizzazione di ogni altra forma di ricchezza non commercializzabile, individuale e collettiva, come il dissenso. Continue reading
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Vale sempre la prima regola

Diciamocelo: è frustrante, nel 2012, continuare a dire che le strutture pubbliche devono essere laiche e che noi donne non abbiamo bisogno di moralisti/e che ci dicano cosa è meglio per la nostra vita. Ci sarebbe altro di cui occuparsi. Un welfare che non c’è, la precarietà nel lavoro, stereotipi che ancora ci ingabbiano… ma anche idee nuove, fresche, proposte concrete per una società più giusta e più bella.
E invece siamo qui a gridare, ancora una volta, “fuori i preti dalle nostre mutande!”: sentite anche voi la stanchezza, la gola secca a forza di ripetere queste cose?
E va beh, cossa ti vol far? Vale sempre la prima regola che ho imparato dal femminismo: mantenere i piedi ben saldi a terra, non foss’altro che per pestarli a quelli che se lo meritano, e lasciare che la mente voli alto, che le idee e i desideri respirino aria buona.

E allora buona lotta a tutte a tutti, ci si vede lassù, ad altissima quota!

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No al movimento per la vita nei consultori. Puoi fare qualcosa anche tu!

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A luglio la Regione del Veneto ha approvato, come sapete, la legge 27 che autorizza l’attività di associazioni di volontariato all’interno dei consultori e delle strutture sanitarie e socio-sanitarie regionali a scopo di “promozione dei diritti etici e della vita” (un approfondimento lo trovate qui).
Ora la stessa Regione dovrebbe emanare un regolamento che indichi le modalità con le quali suddette associazioni (in primis: il movimento per la vita) svolgeranno le loro “attività”.

Non sappiamo quando accadrà, ma se la legge è stata votata nella calura di luglio, ci aspettiamo che il regolamento possa arrivare coi sonagli di natale. In sordina, le donne non sono state ascoltate e si è legiferato sui loro corpi e la loro salute in modo ideologico. Non vogliamo che il regolamento ricalchi la stessa logica, peggiorando se possibile la situazione. Per questo, abbiamo preparato una lettera che si rivolge a tutti i consiglieri regionali affinchè si tenga in debito conto l’osservanza del principio di libertà e autonomia della scelta della donna riguardo la propria gravidanza.

La lettera è aperta, trovate il testo qui sotto, nonchè gli indirizzi e-mail dei consiglieri. Vi invitiamo a dire la vostra anche voi ai consiglieri regionali, potete inviare via e-mail una lettera scritta da voi oppure inviare questa qui sotto. E’ urgente e importante. Siamo tante, libere, consapevoli.

 

Gli indirizzi e-mail istituzionali dei consiglieri (consiglio: mettete in Ccn): Continue reading

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IL DIRITTO ALL’AUTODETERMINAZIONE

Segnalo un commento che spiega molto bene il diritto umano fondamentale all’autodeterminazione della donna (detto anche “diritto di scelta” nei Paesi anglosassoni) dal sito dell’Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo dirittiumani.donne.aidos.it:

Il diritto all’autodeterminazione dei popoli può essere cosiderato un diritto trasversale, in quanto ricorre in diversi strumenti internazionali sui diritti umani, e incide sullesercizio di tutte le altre famiglie di diritti, sia civili e politici che economici, sociali e culturali. In particolare, i Patti internazionali sui diritti umani contengono una identica clausola sul diritto allautodeterminazione dei popoli, in entrambi i casi contenuta all’articolo 1, e dunque considerato di grande rilevanza.

[…] Quanto al diritto nella sfera personale […] Tale diritto è chiaramente definito come uno dei diritti umani delle donne dal par. 96 della Piattaforma di Pechino, che afferma:

“I diritti umani delle donne comprendono il diritto ad avere il controllo e decidere liberamente e responsabilmente sulle questioni relative alla propria sessualità, compresa la salute sessuale e riproduttiva, libere da coercizione, discriminazione e violenza.

>>> I testi di riferimento di questo commento sono:

Testi interpretativi ufficiali: Raccomandazione generale n.28

Impegni politici internazionali: La Piattaforma di Pechino

>>> La Raccomandazione generale n.28 fa parte di quei testi interpretativi ufficiali stesi in seguito a diverse conferenze internazionali che non hanno valore giuridicamente vincolante, ma che hanno rappresentato importanti strumenti politici, utilizzati sia dai governi che dai movimenti delle donne di tutto il mondo, sia a livello internazionale che nelle proposte politiche a livello nazionale e locale.

Essa dice che: Continue reading

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OCIO!

“Una volta che il soggetto viene esposto all’idea che mediante il contraccettivo l’attività sessuale non avrà conseguenze sgradevoli (la gravidanza, il contagio infettivo), tende a ricalcolare l’utilità dell’attività sessuale alla luce dei nuovi parametri ed a trovarla così conveniente da indurlo a praticare l’attività sessuale da cui invece si sarebbe astenuto in mancanza del contraccettivo”

noi, io, te, voi, non pensiamo. noi siamo “esposti ad idee”. noi non facciamo l’amore quando vogliamo scambiare piacere ma quando “ne calcoliamo l’utilità”. non facciamo l’amore, ne siamo indotti. non dobbiamo far l’amore quando vogliamo, quando siamo innamorati o quando c’è la persona ok… noi dovremmo astenerci. è il lessico stesso a far da misura di una visione dell’umanità ridotta a puro coacervo di pulsioni da domare, di sentimenti da dominare, di viziose bandieruole cui far mancare il vento. un’umanità così descritta non è amata per niente.

ocio! inizia la campagna contro la contraccezione. questi non si fermano mai.

l’articolo di Cecilia Calimani a commento di uno di Zenit
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Lesbiche Fuorisalone – Chinawoman, una domenica al parco

Una domenica pomeriggio ancora calda, mi addentro in un parco milanese facendomi largo fra le famigliole, i ragazzi e le ragazze con gli skate, bambine e bambini che giocano e arrivo all’atteso concerto di chiusura delle Lesbiche FuorisaloneChinawoman!! Voce calda, profonda e atmosfere noir al centro di un palco… illuminato letteralmente a giorno! Le ampie vetrate della Palazzina Liberty lasciavano entrare tutto il parco, il chiaro e verde del pomeriggio – e altrettanto lasciavano trasparire la cantante e il pubblico brulicante. Insomma, quasi un simbolo dell’intento del fuorisalone di dare visibilità alle lesbiche, alle nostre parole, la nostra cultura, la nostra presenza in città, la nostra vita.

Perché allora, mi chiedo andando subito al nocciolo di ciò che mi preme – perché al concerto c’erano solo lesbiche, transessuali, bisessuali, gay? Il popolo queer? Dov’erano tutti gli altri e le altre? le ragazze ed i ragazzi etero? Le famiglie del parco? Perché ad un evento organizzato per promuovere la visibilità lesbica c’erano solo lesbiche che si guardavano a vicenda?

Avrei voluto un pubblico un po’ più vario – d’altronde è un concerto, è arte, non è che agli eventi organizzati da persone (si presume) etero ci vadano solo persone etero. Questo certo, è un argomento scontato – e dunque perché implicitamente ancora si assume, che lo si voglia o no, che un evento su cui aleggia la parola “lesbica” nasca da un’esigenza lesbica, sia fatto da lesbiche e consumato da lesbiche? Una specie di ritaglio di mondo off limits che si sente pronunciare e si lascia lì quasi fosse un universo parallelo? Allo stesso modo per cui non esistono “questioni di donne”, non esistono nemmeno “questioni di lesbiche”.

Avrei voluto che la coppia di amici, donna e uomo con figlio, da cui ero stata a pranzo poco prima venissero con me. Ma io stessa, in effetti, non ero del tutto tranquilla nel proporglielo – anticipavo il loro imbarazzo immaginando la scena (io, mamma, papà e figlio) “più tardi verso le quattro vado ad un concerto di Chinawoman delle lesbiche fuorisalone, venite?” Si sarebbero guardati a vicenda un po’ perplessi? Quasi la domanda risultasse inopportuna? Avrebbero trovato una scusa?… e per evitare tutta la scena imbarazzo compreso diciamo che non ho insistito.

D’altronde la sola parola “lesbica” fa ancora paura, e tanta! Sembra quasi una specie di bolo che ti si ferma in bocca, che mastichi e rimastichi ma non riesci a buttar giù. Si abbassa improvvisamente la voce quando nella frase arriva il suo turno, o si esita un po’ sperando di trovare in quei due secondi un percorso alternativo che lasci intendere senza esplicitare o si confida sul fatto che l’altra persona capisca senza il bisogno di pronunciarla – lesbica. Una patata bollente, in effetti…

Ma poi, a dirla tutta, nemmeno a me piace molto la parola “lesbica”, di sicuro anch’io ci associo qualcosa di anti-patico – se non altro il volto delle persone che disgustate o imbarazzate la pronunciano. Ma l’ho scritta e riscritta come si scrive una rosa è una rosa è una rosa è una rosa (senza alcuna pretesa, chiaramente). L’ho scritta e riscritta perché anche la parola “queer”, che a noi italiani sembra molto cool, doveva a suo tempo suonare amara come un’insulto – e l’hanno detta e ridetta finché il suo stesso suono ha cambiato colore, è diventato pink!

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tutto sulla contraccezione

il sito della Società Italiana della Contraccezione http://www.sicontraccezione.it/
info utili e chiare. segnaliamo.

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NON SIAMO LE VOSTRE VITTIME SACRIFICALI!

Dobbiamo difendere diritti che dovrebbero essere scontati! Siamo stufe! Ancora oggi dobbiamo ricordare ai basabanchi di portarci rispetto! Perché non vogliamo tornare ai ferri da calza che hanno straziato le nostre madri. Perché siamo indignate per i racconti delle nostre compagne, abbandonate nelle sale d’aspetto degli ospedali nella crudele indifferenza degli obiettori di coscienza. Perché non vogliamo più leggere dei sospetti che i nostri medici non diagnostichino in tempo le malformazioni del feto per boicottare gli aborti terapeutici. E adesso vogliono pure rifilarci le informazioni delle associazioni come se fossero per il nostro bene! Ricordano quelle subdole pubblicità mimetizzate da redazionali con la stessa grafica del giornale su cui sono pubblicate, e scritto in piccolo piccolo nell’angolino “informazione pubblicitaria” … Se vado in un ospedale voglio avere le informazioni dai dottori, non da volantini e manifesti di chissà chi. Una sala d’aspetto in ospedale non è un banco di propaganda!

Perché i nostri politici non prendono le distanze da chi vuole impadronirsi del nostro corpo? Perché non dicono chiaramente che non vogliono avere nulla a che fare con persone che ci reputano riproduttrici della specie e che ci ammoniscono di “non prendere contraccettivi, non abortire, sii sempre felice di essere incinta”? E invece trattano questi bigotti come fossero interlocutori validi, e si preoccupano di trovare il compromesso. Così, invece di rifiutare indignati una proposta di legge vergognosa, nel giro di una pausa pranzo (perché eravamo testimoni alla seduta del Consiglio, e ci siamo pure lette per bene il resoconto della seduta)  ne fanno saltare fuori un’altra ambiguamente vaga e piaciona che sembra proprio il classico contentino e che approvano guarda caso in numero uguale di voti per ogni partito… Noi conosciamo il vecchio trucco del bastone e della carota. Non ci accontentiamo di giri di parole e intenzioni buone. Noi vogliamo sentire: – Le donne SANNO cosa è meglio per loro stesse e FARO’ DI TUTTO perché possano disporre CON SERENITA’ del proprio corpo. Io sono CONTRO gli antiabortisti!-

O pensate davvero che sia cosa buona e giusta farci soffrire?

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FEMINIST BLOG CAMP | REPORT INCONTRO #SAVE194

Siamo tornate da tre intensi giorni al Feminist Blog Camp (qui il programma): l’atmosfera era molto accogliente, ideale per sviscerare insieme ogni pensiero: è stato incredibile vedere gruppi di 30 o 40 donne discutere senza parlarsi sopra, lasciando spazio a tutte.

Nell’incontro dedicato alla tutela della 194 abbiamo cominciato esponendo la situazione del Veneto, dicendoci insieme a femminileplurale (Padova) preoccupate per la sua evoluzione e chiedendo come le compagne delle altre Regioni si stiano muovendo in proposito.

Le Stregatte (Livorno), che sono nate da poco più di un anno e stanno collaborando con i compagni dell’ex-caserma occupata dove siamo state ospiti, hanno raccontato che hanno fatto dei “test” nei consultori del territorio, andandoci di persona e chiedendo assistenza come semplici cittadine: non hanno trovato difficoltà confermando che le procedure funzionano bene, tranne a Pisa che ritengono disastrosa perché riferiscono che si debba andare fuori città; stanno pensando all’ipotesi di riappropriarsi delle assemblee nei consultori, e di aprire un consultorio autogestito nella ex-caserma. Riferiscono che i consultori sono frequentati per lo più da immigrate, e che le adolescenti e giovani donne non siano a conoscenza di queste strutture, molto probabilmente per la mancata informazione nelle scuole.

Le compagne di Napoli e Benevento di Femminismo a Sud hanno raccontato che c’è un solo medico che pratica l’IGV, e che quando è morto sono passati dei mesi prima che ce ne fosse uno nuovo che ne continuasse il servizio; hanno riferito di IGV praticate nella clandestinità e del ricorso diffuso alle cliniche private, per ovviare al servizio pubblico carente e spesso con personale ostruzionista.

Le Mujeres Libres (Bologna) hanno steso una guida sull’IGV a Bologna, con informazioni come luoghi, orari e l’elenco dei medici non obiettori, stilato in un anno e mezzo di ricerca (scaricabile a questo link); hanno espresso il desiderio di tradurla in altre lingue e di stamparla.

Per quanto riguarda il Piemonte una compagna racconta che la Casa delle Donne di Torino ha perso il secondo ricorso al TAR contro la legge regionale che permette l’ingresso dei volontari pro-vita nei consultori (nel primo ricorso è riuscita a far sì che annullino la parte che prevede la possibilità di ammettere alle convenzioni con le ASL  unicamente le associazioni che possiedano nel proprio statuto il requisito della “difesa della vita fin dal concepimento”); ecco il loro comunicato in merito.

Dal Lazio la compagna del blog #save194lazio racconta che la proposta di legge Tarzia esprime l’intenzione della Regione di depotenziare i consultori pubblici e si somma alla frequente difficoltà delle donne nel percorso sereno della procedura: oltre il 90% dei ginecologi è obiettore, per cui i pochi rimanenti non obiettori sono costretti a dedicare tutto il proprio tempo all’adempimento dell’IGV, per poi diventare a loro volta obiettori per poter proseguire la carriera.

L’impressione di tutte è che Piemonte, Lazio e Veneto siano il banco di prova per una riforma di fatto su tutto il territorio nazionale che indebolisce e vanifica la 194, condizionando ideologicamente i consultori, deviando i fondi dal settore pubblico a quello privato e ostacolando la libera scelta delle donne. La cosa più preoccupante è la mancanza di consapevolezza, per cui spesso la donna non sa dove rivolgersi e a quale assistenza ha diritto: la procedura dell’IGV, ma anche il ricorso alla pillola del giorno dopo, sembra un percorso difficile soprattutto nella burocrazia, con consultori che chiudono o che non si trovano, personale ospedaliero (e di farmacie) ostile; se mai esistesse davvero una “sindrome post-aborto” sarebbe provocata proprio dalla carenza di strutture, dal trattamento che talvolta il personale medico riserva alle donne e dal clima di condanna sociale che viviamo.

Riportiamo di seguito i primi report del Feminist Blog Camp delle altre compagne:

#save194lazio al #FBC

Femminismo a Sud: report parziale e un primo bilancio politico

Un’altra donna: il mio sguardo sul FemBlogCamp

Senza Soste: terminato il FemBlogCamp, si torna a fare Rete

Just Laure’: il FemBlogCamp a modo mio

FuoriGenere: report sul workshop media e comunicazione

femminileplurale: Feminist blog camp 2: Femminicidio, l’importanza delle parola

 

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IN VENETO L’ENNESIMO TENTATIVO DI AFFOSSARE LA 194!

La Regione Veneto ha approvato una legge (Legge regionale 27 luglio 2012, n. 27 – disciplinare le iniziative di promozione dei diritti etici e della vita nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie; a questo link il testo integrale della legge) che promuove e garantisce l’accesso di associazioni per la promozione dei diritti etici e della vita, nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie, riconoscendogli pari opportunità di comunicazione.

Tale legge è stata stesa in seguito alla petizione popolare PDL3del 2010 (Regolamentare Le Iniziative Mirate All’informazione Sulle Possibili Alternative All’aborto) promossa dal consigliere Leonardo Padrin, del PDL e presentata dal Movimento per la vita e dai volontari dei centri di aiuto per la vita, in cui si chiede di regolamentare le iniziative mirate all’informazione sulle possibili alternative all’aborto autorizzando l’esposizione di materiale informativo e l’azione divulgativa dei volontari pro-life nelle strutture sanitarie e nei consultori (a questo link il testo della proposta di legge PDL3).

La legge è stata approvata con il pretesto di informare correttamente i cittadini sulle questioni etiche del diritto alla vita e permetterà ed incentiverà di fatto l’esercizio negli ospedali dei volontari del ‘movimento per la vita’ in funzione DISSUASIVA delle donne che chiedono di effettuare un’interruzione di gravidanza.

 La legge 194 (22 maggio 1978) prevede già la corretta informazione nella formula dei “consultori famigliari che assistono la donna in stato di gravidanza informandola sui diritti a lei spettanti e contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza”, oltre alla possibilità di una “collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita” (Art. 2). E’ evidente quindi l’intenzione della Regione di togliere ai consultori la facoltà di scegliere se avvalersi o meno di tali associazioni di volontariato, e di dare a queste ultime pari competenza e attendibilità del personale medico nell’attività informativa alle donne. Sarà la stessa Regione, tramite regolamento emesso entro i 90 giorni dall’approvazione di questa legge (non è stato ancora pubblicato) a decidere le modalità di diffusione e di divulgazione da parte delle associazioni di volontariato, che devono essere iscritte nell’albo regionale o riconosciute a livello nazionale.

 Il movimento per la vita è un’organizzazione confessionale che si propone “di promuovere e di difendere il diritto alla vita e la dignità di ogni uomo, dal concepimento alla morte naturale, favorendo una cultura dell’accoglienza nei confronti dei più deboli ed indifesi e, prima di tutti, il bambino concepito e non ancora nato”. Ha tentato in passato di affossare la legge 194 promuovendo un referendum che gli italiani hanno bocciato. Oggi ci riprovano surrettiziamente, entrando direttamente nelle strutture sanitarie.

 I consiglieri che hanno votato la legge sono in numero uguale di destra e di sinistra, ovvero 11 della Lega Nord Padania, 11 del Popolo Della Libertà, 11 del Partito Democratico Veneto (resoconto della seduta a questo link). In particolare, si è espressa fortemente a favore, oltre al promotore Padrin, la consigliera del PD Laura Puppato, secondo cui “la Regione deve occuparsi dell’origine e delle cause primarie che portano ancora oggi molte, troppe donne, a dover scegliere la via dell’aborto piuttosto che la nascita di una nuova vita” (comunicato stampa del 19 Luglio: Battuto oscurantismo).

 Secondo i dati del ministero della Salute, il Veneto è: 1) al secondo posto in Italia per percentuale di ginecologi obiettori (l’80%); 2) al primo nella graduatoria delle Ivg praticate dopo la 12ª settimana, a causa dei tempi di attesa delle strutture preposte; 3) la regione con i tempi di attesa più lunghi tra la richiesta di intervento della donna ed il momento in cui lo ottiene: il 34% delle donne attende più di 3 settimane; 4) tra le regioni con i tempi di ricovero più lunghi per l’intervento; 5) nessuna delle sue numerose strutture private convenzionate pratica Ivg; 6) costringe il 13,2% delle residenti a rivolgersi a strutture esterne alla Regione.

 NOI NON CI STIAMO!

 Vogliamo una politica che investa su sanità e stato sociale, e una società in cui la sessualità sia informata e consapevole: non vogliamo vivere in uno Stato che condanna l’aborto e dove vengono attaccati e giudicati i diritti delle donne. A nessuna donna può essere imposta una gravidanza non desiderata né un aborto non desiderato, per questo il diritto di scelta deve essere tutelato: le donne che si rivolgono alle strutture sanitarie devono essere certe di trovare un medico e un’assistenza qualificata, non un guardiano della morale.

Non vogliamo subire la violenza di chi pensa di sapere cosa è meglio per noi: noi decidiamo da sole!

Contatti:

vengoprima@inventati.org  vengoprima.noblogs.org  |  www.facebook.com/vengoprima



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